domenica 2 settembre 2018

ANDREA ORLANDO - "Dalla vita autentica" (AMS Records, 2017)

Quando un batterista pubblica un disco, bisogna sempre drizzare le orecchie. Sfatato da tempo il luogo comune che riduce l’uomo con le bacchette ridotto a rumorista pestasodo, se ne deduce che anche il drummer ha un’anima sonora e non solo percussiva. Ebbene sì, anche lui ha delle melodie in testa a cui dare forma secondo una precisa coerenza armonica su una spontanea base ritmico-metrica.
Sarà stato circa un anno fa: il buon Andrea Orlando (batterista di Finisterre, The Real Dream, La Coscienza di Zeno, Höstsonaten e La Maschera di Cera) mi contatta per farmi avere il suo frutto di stagione. Anzi: è proprio un esordio. In squadra molti sodali di una vita tra cui Agostino Macor, Marcella Arganese, Alessandro Corvaglia, Stefano Marelli, Simona Angioloni e Paolo Priolo; inoltre l’Orlando compositore è estensore dei testi delle canzoni, nonché polistrumentista visto che non tocca solo tamburi, ma anche varie tastiere (synth, organo e mellotron) e un vibrafono.
Dalla vita autentica non delude le attese progressive che ci si può aspettare da un musicista che ha sempre gravitato in quel mondo; ma c’è qualcosa che va ben al di là di un’affettuosa fedeltà di genere e quel “qualcosa” va ricercato (anche) nella cura dei testi. La penna di Orlando rincorre visioni tra presente e futuro (Oltre domani), miniature urbane di oniriche periferie (Cinque giorni d’autunno e Cadi con me), ricerche di autenticità (la titletrack) e toccanti appendici intimistiche (Fragile) con un linguaggio rifinito, sfruttando ampi range metaforici che lambiscono svariati temi (il sogno, la caducità, la libertà). Sarà stato un caso che il nostro – per la foto all’interno del libretto - si sia fatto ritrarre vicino ad un quasi impercettibile “Meridiano” di Leopardi?
Sul piano musicale, spicca una notevole cura degli arrangiamenti, soprattutto nella suite finale (Dalla vita autentica), in cui si distingue di netto la scrittura cameristica barocca degli archi. Melodia al top nelle due ballad Cadi con me e Fragile: legate da un filo comune stilistico di natura crimsoniana, risultano entrambe vincenti per le scelte canore, nella prima, di Simona Angioloni e, nella seconda, di Alessandro Corvaglia. Il batterista arriva e ama comunicare il suo imprinting ritmico in brani dall’incipit più movimentato (la cameliana Oltre domani) o dalle imprescindibili linee poliritmiche (Cinque giorni d’autunno). In realtà Orlando, dopo avere dato forma sonora all’idea, sviluppa l’ordito e lo tratta adeguatamente dosando con cura soluzioni dinamiche e riferimenti timbrici. L’impressione superficiale potrebbe essere quella di trovarci al cospetto di varianti progressive dal “sinfonico” al “Canterbury”, lambendo territori estremi (hard, jazz e kraut). Non è proprio così: pensiamo al gioco, quasi classico, della variazione di un tema presente nel nucleo centrale e nel finale di Cinque giorni d’autunno e comprendiamo che la questione parta da molto più lontano, più o meno da Beethoven al Banco. Quando un CD è sintesi di una storia musicale: individuale e personale.
Meritano adeguata menzione anche i due strumentali Le forme della distanza e Il giardino di Maya: il primo, posto come porta d’ingresso dell’album, si basa su pochi accordi di piano elettrico con un ostinato pedale di synth; una stranissima atmosfera tra Propriedad prohibida di Battiato, Riders on the Storm dei Doors e qualcosa vicino tanto ad Alan Parsons Project quanto ai Tangerine Dream. Il secondo tradisce un attacco quasi identico a quello di L'indecisione (vedi I King)  dell’Uovo di Colombo, mentre il tema e le frasi di violino richiamano la stagione anni Settanta del prog italiano con reminiscenze di varia estrazione (dalla PFM al LeoNero di La discesa nel cervello, dagli Osanna ai De De Lind). Il primo amore non si scorda mai?
(Riccardo Storti) 

Nessun commento:

Posta un commento