lunedì 14 febbraio 2011

RITRATTO MOBILE: "Firth of Fifth" - Steve Hackett and Friends

Firth of Fifth, dall'album Selling England By The Pound, rimane una delle composizioni più coinvolgenti dei Genesis, sia per complessità strutturale, sia per la visionarietà testuale. I Genesis, nello sviluppo della canzone, si sarebbero addirittura ispirati alla "Sezione Aurea" (sull'argomento mi sento di indicare un pregevole saggio presente in rete a firma del musicologo Gaudenzio Temporelli).
La versione video qui postata è particolarissima, in quanto vede come protagonista il chitarrista dei Genesis Steve Hackett nel corso del suo live giapponese del 1996 (Tokyo Tapes) accompagnato dai suoi "friends", ovvero una sorta di supergruppo prog che raccoglie nomi di altissimo rilievo: John Wetton (basso e voce), Chester Thompson (batteria), Ian McDonald (tastiere, fiati e chitarra) più il turnista Julian Colbeck alle tastiere.
Rispetto all'originale, Hackett decide di tagliare l'introduzione pianistica per porre subito al centro il caldo timbro vocale di Wetton che, comunque, pur essendo ben lontano da quello di Gabriel, non sfigura affatto. La parte flautistica di Ian McDonald è meno "staccata" rispetto alla versione dei Genesis ma sembra quasi sciogliersi con il resto dei suoni per merito di un "legato" assai aggraziato, prossimo - per sensibilità "tattile" e fiatistica - a quanto McDonald creò in qualche traccia crimsoniana (I Talk To The Wind o In the Court of The Crimson King). Anche l'episodio centrale per pianoforte viene cassato e sostituito da una sezione piuttosto tesa armonicamente (3'25") in cui flauto, basso, tastiera e chitarra giocano all'antifona in un crescendo culminante nel famosissimo solo di Hackett (5'18"). Di contorno si noti la libertà interpretativa del basso melodico di Wetton che arricchisce ulteriormente il brano senza alcun esibizionismo virtuosistico ma corroborando, semmai, l'impianto contrappuntistico di Firth of Fifth. Una rivisitazione di pregevole livello ulteriormente valorizzata dal lavoro polistrumentistico di McDonald, dalla fedeltà timbrica di Colbeck e dalla sicurezza ritmica di Thompson.
© Riccardo Storti

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