Per chi, come me, è abituato a scrivere di musica, Ernesto De Pascale è stato un punto di riferimento in quanto, nel corso della sua densissima carriera pubblicistica (ahimé stroncata dal fato proprio oggi, nel giorno del suo compleanno), ha sempre saputo offrire un esempio di come, partendo dalla pura passione, si possa giungere - attraverso necessari (ma alquanto naturali) studi matti e disperatissimi - alla competenza. Però Ernesto ci ha anche insegnato che questa "competenza" va tenuta viva per mezzo di quell'attenta vigilanza che solo la curiosità può garantire. E' quel girovagare zibaldoneggiando di solco in solco che, condiviso con altri appassionati, si fa "divulgazione". Qualcuno ha scritto che Ernesto "ha insegnato a molti di noi il blues". E' vero. Ma non c'era solo la creatura de Il Popolo del Blues, aperta anche a disparati generi afferenti. Ernesto andava e - paradossalmente - proveniva da "oltre".
Io conobbi Ernesto solo telefonicamente. Era circa un anno e mezzo fa e mi narrò che effetto produsse in lui giovincello l'uscita, nel 1970, de La buona novella di Fabrizio De André. Quel confidenziale brandello , tratto da un ricordo esistenzial-discografico, è ancora lì, tra le pagine del mio studio sull'album (I vangeli di Fabrizio De André) e, a rileggerlo oggi, sembra che il buon Ernesto ci abbia solo giocato uno scherzo alla Amici miei. Stentiamo a credere che quella luce di suoni si sia spenta. Eppure la realtà è impietosa. Ernesto non c'è più. Se può consolare, rimangono i suoi scritti e la sua voce, non ultimo, il suo insegnamento mai dichiarato ma vissuto tra carta e penna: ascoltate, appassionatevi e raccontate. Grazie Ernesto. Noi andiamo avanti.
© Riccardo Storti
Ciao Ernesto
RispondiEliminaun grande abbraccio e vai felice!!!
Iaia e Franz Di Cioccio