Allan Holdsworth è e resta una leggenda vivente del chitarrismo fusion. E la Moonjune di Leonardo Pavkovic ha pensato bene di rimettere mano ai master di due pietre miliari del musicista, editate negli anni Novanta. A Febbraio la label newyorkese ha ripubblicato in versione rimasterizzata Hard Heat Area (1993) e None too soon (1996).
Hard Heat Area vede, al fianco dello strumentista britannico, il tastierista Steve Hunt (già con Stanley Clarke) , il bassista islandese Skuli Sverrisson (ha suonato per Laurie Anderson, David Sylvian e Ryuichi Sakamoto) e il batterista Gary Husband (sì... quello dei Level 42, ma non solo...). Disco frizzante di classica fusion che vede Holdsworth giocare - in maniera molto sperimentale (si ascolti la title track) - con le timbriche dello SynthAxe e della chitarra baritono. Virtuosismo (Ruhkukah, Tullio dedicata al ciclista Tullio Campagnolo) alternato a composizioni di respiro quasi sinfonico (Prelude, House of mirrors e Postlude).
Diverso, invece, per spirito, None too soon: qui il funanbolo delle sei corde lascia spazio all'interprete di cover standardizzabili. Una solida band (Gordon Beck tastiere - unico autore di due brani originali - , Gary Willis basso e Kirk Covington batteria) asseconda la rilettura chitarristica holdsworthiana di brani firmati da Coltrane (Countdown), Reinhardt (Nuages), Evans (Very early), Berlin (How deep is the ocean), Henderson (Isotope e Inner Urge) e addirittura i Beatles di Norwegian Wood. Piacevolmente intelligente e per nulla prevedibile. © Riccardo Storti
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