Canzone
d'autore pop con pregevoli mezzi di emotività comunicativa. Non dico che la
ricetta di Tomaso Chiarella sia la scoperta dell'acqua calda, perché sarebbe
ingiusto e non corrispondente al vero; ma va da sé che questo cantautore –
ennesimo germoglio di un'ipotetica scuola genovese – abbia compreso (e con
padronanza dei mezzi a propria disposizione) cosa serva ad una canzone per
arrivare ad un pubblico (nemmeno poi troppo obbligatoriamente attento).
Testi
quotidiani, mossi dall'immancabile “tu”, ideale vettore in direzione di un
intimismo dalle cangianti complessità. Chiarella parla di affetti, ma evita
come la peste la rima “cuore/amore”. Non vi sarebbe nulla di male, ad ogni modo
Chiarella non se la tira affatto da intellettuale, ma racconta vite tra ironia
e ambigua “normalità” (“... i disperati quando sono tristi/ perché il silenzio
forse non li ha più visti/ e tutto questo li fa sentire artisti”, canta in Uguale a tutti).
La
voce ricorda quella di Jovanotti con il passo lungo di Vasco Rossi, sullo
sfondo dell'andatura felsineo-romagnola di un Carboni e di un Bersani (Samuele,
ovviamente...). Sì, il ragazzo non sembra genovese. I brani si reggono su
melodie leggere e armonie facili, non ricercate, se non sul piano degli
arrangiamenti curati dal coproduttore Bernardo Russo (da segnalare, alla
batteria Marco Biggi dei Radio Gaga e dei Miss Gradenko... una sicurezza
assoluta, visto che si tratta di uno dei migliori strumentisti della città).
Infatti,
è partendo dall'impianto sonoro che si scorge una vernice pop, aliena dalla
classica canzone d'autore italiana. Tale additivo ci consegna un Chiarella
vicino tanto al sound neobeat del recentissimo Cremonini di I love you (ma la title-track Trasparente è nata prima), quanto a
certe song di Harrison anni Settanta (Uguale
a tutti), ma che non disdegna soluzioni elettroniche (È stato facile), latineggianti (Lei
e toffee) e acustiche (Adagiami).
Inoltre una canzone come Tu (ho giocato
male le mie carte)si barcamena tra linee di accordi alla Dire Straits con
passaggi di scalette discendenti beatlesiane; Dire di no ricorda una delle primissime prove dei Primal Scream, mentre
assordanti echi di britpop dominano l'ariosità di Un cinema vuoto d'estate e il rock deciso alla Blur di Sorprendersi.
Qualcuno
potrebbe eccepire: “In Inglese sarebbe tutto più bello?”. No, invece, no.
Perché la linea è duplice. Da un lato una tradizione di scuola (Zena è
Zena...), dall'altro l'esigenza di una canzone che non sappia solo di pesto ma
anche di rock. Chiarella ha la possibilità di guidare questi due cavalli e con
talento. Basta andare avanti e fare salire sul calesse le persone adatte.
© Riccardo Storti
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