Il beat non è morto: basta farsi un giro dalle parti di Philadelphia per accorgersene. Lì vive un entusiasta polistrumentista dalle chiare origini italiane (Nick Carlisi) che ha dato alle stampe un deliziosissimo lavoro dalle sonorità mid-60's. Anche qui l'one-man-band diventa risolutivo, come scrivemmo già la scorsa settimana per i The Beginner's Mynd di McNabb; ma lì eravamo a Washington e ci si muoveva di più sul solco della neopsichedelia.
Questa volta, invece, si urla di beat e con convinzione. Nick Carlisi è un fan dei Beach Boys e si cimenta a replicare la sua voce in studio, chiamando una serie di amici impiegati a suonare la batteria, qualche chitarra e un paio di percussioni. Ma nulla più: Groovy Movies è Nick Carlisi.
L'album scorre veloce: 9 canzoni leggere leggere che non sforano mai i 3 minuti, eccezion fatta per l'ultima traccia (oltre i 6 minuti). I moduli più amati vanno dalle ritmiche staccate alle tessiture accordali chitarristiche con tante belle scale discendenti e trilli di nona aumentata e di quarta su sicuri Re maggiore.
Il festival dello staccato replica affinità elettive con i Lovin' Spoonful di Daydream (A Walk in the Park e Beautiful Day) e i Beatles pepperiani (Tambourine), mentre suggestivi arpeggi - magicamente ben abbigliati - portano il Mersey Sound in Pennsylvania (Don't Take Her Love Away), ma ci sono anche l'America dei Byrds (My Heart Won't Let Me) e la potenza del riff alla Ray Davies (Rosemary). Sul piano stilistico si distanziano da questo asse il rock'n roll di I'm a Man e l'esperimento latin rock di I'm Your Fool (quasi un embrione pre-Santana). Convincente la sontuosa chiusura dettata da Change Your Mind, una sorta di omaggio al percorso operatic degli Who da I Can See For Miles a Quadrophenia.
Groovy Movies non mostra pretese di originalità, ma nella sua spontanea e genuina mossa calligrafica offre all'ascoltatore un lavoro sostanzialmente piacevole, forse un po' troppo didascalico ma ricco di buone intenzioni e di infinito amore per quel sound da cui proviene tutto (o quasi).
(Riccardo Storti)
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