Trent'anni e non sentirli. Non solo: ma raccontarli su un palcoscenico per
immortalarli sul cosiddetto "supporto rigido", di modo da poterli
rivivere ogni volta che se ne senta il desiderio.
Di Ancient Veil ho
già scritto quando Edmondo Romano, un bel giorno, mi chiamò con il solito e
contagioso entusiasmo per raccontarmi che la fenice stava per spiccare
nuovamente il volo.
Tirate le fila di un discorso (peraltro mai interrotto) con i fratelli
Serri, oltre un anno fa usciva I
Am Changing. Batti il ferro finché è caldo, quindi, senza esitazione, il
12 maggio del 2017 la loro proposta si fa ancora più concreta con un bel live a
la Claque, durante il quale, non si presenta solo "l'ultimo nato", ma
si ripercorre un sodalizio cominciato dopo la metà degli anni Ottanta, ai
primordi del neo-progressive italiano.
La performance biodiscografica ci
aiuta a capire percorsi e sviluppi, nonché rimandi stilistici che hanno
connotato e continuano a connotare il profilo artistico di questo vivace
ensemble genovese. Intanto la line-up: al trio di partenza si aggiunge al
sezione ritmica di Massimo Palermo (basso) e Marco Fuliano (batteria). Occhio
ai guest: la voce di Valeria Caucino, l'oboe di Marco Gnecco e una delegazione
dei Finisterre, rappresentata da Stefano Marelli e Fabio Zuffanti.
Scaletta ragionata per una tracklist guidata: si parte con sei brani dall'album omonimo di
esordio, si va avanti con diverse tracce da Rings
of Earthly Light del 1991 e ci si congeda con tre perle dall'ultimo lavoro
in studio I Am Changing.
Ora potrei mettermi qui con diligente (e magari un po' pedante) piglio
passare al settaccio brano per brano e raccontarvelo. Raccontare un live...
già, se non ci siete stati, vi siete persi molto. Credo sia più interessante,
invece, mettere in rilievo chi siano gli Ancient Veil alla verifica dei suoni e
un concerto dal vivo come questo diventa l'ideale cartina di tornasole.
Ancient Veil parte da una tavolozza di colori che ben si presta ad
affrescare inconsuete pareti creative. Da un lato c'è Edmondo Romano, semplificando
l'uomo dei flauti,. Un compositore eclettico, oltre ad un raffinatissimo
strumentista di aerofoni provenienti da qualsiasi latitudine. Ecco: le
latitudini. Ci arrivo, con calma.
L'altra polarità è appannaggio dei fratelli Alessandro e Fabio Serri, chitarre
e tastiere, sinfonie e assoli, elettricità e "acusticità", rock e
frontiera classica: in una parola, progressive.
Romano è quello che compra il biglietto dell'aereo e fa girare la
tradizione prog del loro DNA attraverso latitudini che planano sul Mediterraneo
per salire oltre Manica e finire, magari, negli States. Un nay, un tin whistle
e un sax soprano incontrano un mellotron e un moog (sembra l'inizio di una
barzelletta, invece - credetemi - è una magia).
Nelle dodici tracce si viaggia tra prog, World Music e fusion. Prendo a
campione la suite Rings of Earthly Light
(ci sarebbe da scriverne... ): inizia "celtica", danza in 7/4, sfiora
il jazz rock, lambisce i Genesis ma la voce di Alessandro Serri ha qualcosa di
arcaico, tanto da ricordare la timbrica di Kerry Minnear dei Gentle Giant. Il
caleidoscopio di rimandi ai nostri ascolti è una centrifuga di input infiniti
ma anche infinitesimali, però il succo è sempre lo stesso, autentico, in una
parola (anzi, in uno spartito), questi sono gli Ancient Veil.
Ne riparleremo, se vi va, lunedì 28 giugno 2018 a Genova, presso la Libreria
Feltrinelli, ore 18: lì avrò l'onore e il piacere di presenziare allo showcase
della band. Tutti puntuali come note su un pentagramma, please. (Riccardo
Storti)
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