Un ritorno "storico", quello della Reale Accademia di
Musica. Era dalla metà degli anni Settanta che non si avevano più
notizie "discografiche" del prestigioso ensemble romano. E tutto è
rinato grazie all'intraprendenza del chitarrista, nonché componente fondatore
"ab origine", Pericle
Sponzilli, che, dal 2014, grazie alla complicità del factotum organizzatore/organizzativo
Guido Bellachioma, ha rimesso in moto quell'idea, nata nel lontano 1971 come
conseguenza dei Fholks.
Una nuova formazione con un nome illustre quale quello di Fabio Liberatori, tastierista degli
Stadio e collaboratore di Lucio Dalla (nonché coltivatore diretto di ricercati suoni elettronici), a cui si
aggiungono la vocalist Erika Savastani (Deserto Rosso), il batterista Andy
Bartolucci (già sui solchi di Alex Britti, Mimmo Locasciulli, Loredana Berté e
Raccomandata con Ricevuta di Ritorno) e il bassista Fabio Fraschini (Zero
Assoluto). Si va in studio ed a fine febbraio di quest'anno esce il CD:
tra le note emergono ex componenti quali Gianfranco Coletta (già nella primissima
formazione del Banco; dal 1979 milita negli Alunni del Sole) e Nicola Di Staso più
il valore aggiunto di Fernando Fera, chitarrista dell'Albero Motore; da non
dimenticare l'apporto grafico di Luciano Regoli, cantante della Raccomandata
con Ricevuta di Ritorno, qui artefice del quadro utilizzato per la copertina.
Angeli mutanti è un lavoro che fa leva sull'elemento forte che,
ai tempi, contraddistinse la Reale Accademia di Musica: la melodia. Attenzione:
si tratta di un album prog, ma la pietra angolare va scorta nella ricercatezza
dei temi e non tanto su prevedibili acrobazie tecnico-timbriche. E non è un
caso che il grosso della tessitura vocale sia affidata alla voce di Erika
Savastani, abilissima nel riuscire ad interpretare i testi delle canzoni,
scritte da Sponzilli.
Per rendersene conto è sufficiente lasciarsi trasportare dalle trame di Io sono qui, Johnny e Adele, Cosa
nascondono le nuvole, Tempo, A dritta San Salvador o nel cuore della
title track.
Poi il quadro prog emerge con inequivocabile nettezza nei paradisi
sinfonici de La pista e miraggio (tra
PFM e Pink Floyd), nel 5/4 di Alba (dove
i prestiti dei Genesis non tardano a farsi sentire, così come la
criptocitazione di Hairless Heart
all'inizio di Cosa nascondono le nuvole),
nei "momenti Moog" di Johnny e
Adele, nella rutilante vis strumentale di Tempo (tra Renaissance, Camel ed Emerson Lake & Palmer con un
placet per il solo gilmouriano di Sponzilli) e nelle rarefazioni psych di Io sono qui e La pista e il miraggio. Un link con lo spirito (anche acustico)
della "vecchia" Accademia si può invece percepire nella delicatissima
ballad The Beat Goes On.
Una menzione particolare per Una sola
immagine: ha un ritornello quasi pop, una scrittura vocale adatta per una
singer soul-blues (Erika è nel ruolo) ma cesure ostinate dalla memorie
crimsoniane e ossessive sospensioni elettroniche quasi kraut (Liberatori ha
liberato i synth). Che stacco stilistico: una gran bella sorpresa e, se
vogliamo, un appuntino per un gradito arrivederci.
(Riccardo Storti)
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