Più che lo stacco, il segno concreto dell’ambizione. Salim ovviamente non rinuncia alle amate schitarrate da virtuoso, ma il compositore si apre a forme più complesse. Fermo il riferimento – ma qui più articolato – alla grammatica heavy nella tradizione musicale autoctona,
Salim dà più spazio ai suoni orchestrali regalando composizioni presaghe di un futuro da sountracker (
Out of Silence The One Run and Return e
Outer Eonic Descend). Sì, in
Ustuqus-al-Uss comincia a vivere lo spirito della colonna sonora, per ora limitata al suono di campionature e tastiere, ma lo sguardo musicale di Salim mira lontano. C’è un violino “sintetico” che sarebbe bello risentire, prima o poi, nelle timbriche originali, acustiche, perché la scrittura pensata è convincente (
My Inner Sun,
Naught been I thou). Non mancano complicità ritmiche con singolari episodi di un acid-jazz crossover orientaleggiante (
My Third Eye) o di speziata psichedelia blues (
Artemis The Huntress e
Supreme Grades). In questo quadro cangiante e assai promettente, alla fine, le pagine meno interessanti risultano proprio quelle legate a certe dipendenze chitarristiche (
Government e la title track); eppure, nonostante ciò, Salim dimostra crescita espressiva e mestiere, grazie all’inserimento di felici artifici regalati da “gustose” parti armoniche. Niente di trascendentale, ma avete presente la nota giusta al momento giusto? Di rilievo anche il plot del concept, in cui si mischiano elementi esoterici legati a temi gnostici (la fonte è quel
Corpus Geberiano dell’alchimista persiano
Jabir ibn Hayyan). Da notare che non tutti i brani sono firmati da Salim, ma vedono l’intervento del secondo chitarrista Pouyan e del batterista Shraram. © Riccardo Storti
Vi lascio la clip video della title track riveduta da Salim nel 2010, qui in versione "one-man-band"
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