venerdì 26 ottobre 2012

SPECIALE ALTROCK/ Camembert - Schnörgl Attahk (2011)

Particolarissimi musici zappiani nell'intimo, questi Camembert. Senza troppi preamboli, il loro album - centellinato nel tempo (3 anni di duro lavoro in sede di costruzione) – si ispira ad una peculiare lezione del Duca delle Prugne, ovvero quella dei primi anni Settanta quando nei dischi di Zappa si percepiva benissimo una centralità fiatistica quasi orchestrale. Il riferimento corre veloce veloce a Waka Jawaka e The Grand Wazoo, incluse alcune successive felici ricadute nel prodigioso live Roxy and Elsewhere. Ecco: lì potremmo trovare già tutto per capire quanto di buono vi sia in Schnörgl Attahk. Non si tratta affatto di una clonazione, semmai di un'intelligente imitazione di un modello strutturale, dato pure dall'eterogeneità dell'ensemble strumentale di cui si dota la compagine transalpina. Trio chitarra-basso-batteria arricchito da interventi di sax, vari idiofoni percussivi, trombone basso, tuba, didgeridoo e arpa. Nel dettaglio la chitarra di Vincent Sexauer vive di una profonda mimesi timbrica zappiana: inconfonbile il grado di saturazione, le pressioni sulla leva del vibrato, il controllo del wah wah, le scale sui bassi e quelle sugli alti in un ambiguo registro modale (Le meurtrier volant, La danse du chameau. Batifolade e The final run).
Una scrittura vivace per un plot demenzialfantascientifico ricco di estrosa ironia ma che, comunque, passa in secondo piano rispetto alle ricercate tessiture musicali ordite dai Camembert. Ospite alla chitarra Francesco Zago (Yūgen) in Untung untungan 2.0. Ovviamente non mancano fuoriuscite dal cerchio epigonico zappiano (i soundscape freak di Infincheese, l'ambien minimal di Clacos 1: Notre mère à tous, il Philly Sound di El routuav ed sram, primordiali passaggi di jazz rock davisiano in La danse du chameau. La tempête de sable), però, poi, alla fine, si casca sempre lì... E non ci si fa male, comunque. 
  
© Riccardo Storti

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