sabato 14 dicembre 2013

SPECIALE ALTROCK: Five-Storey Ensemble – "Not That City" (2013) – seconda parte


Non c'è storia. Per capire meglio, bisogna entrare nelle note e provare a comunicare quanto ascoltato (che è poi il modesto compito di qualsiasi recensione, no?).
Si entra in punta di piedi con le note quiete di The Harbinger, presto vivacizzate da una mossa trama ritmica su cui si elevano – con un sinuoso moto polifonico – le frasi dell'oboe e degli altri fiati. L'atmosfera si stempera verso spazi timbrici cupi, su ritagli motivici ossessivi e, appena dalla massa di suoni si leva la voce di Sergey Dolgushev, sembra che siamo precipitati lievemente in una canzone dei Sigùr Ròs.
Con Bondman's wing entriamo negli spazi di una colonna sonora vicini, per sensibilità, ai migliori commenti di Nyman per il cinema visionario di Greenaway: lo conferma il “motore ossessivo” acuto della fisarmonica e i motivi minimali degli altro strumenti che si incastrano nell'impianto in perenne movimento caleidoscopico.
Un'ideale (ed intelligente) combinazione tra elementi canori della tradizione slava ed un sobrio camerismo alla Henry Cow emerge da The Incommunication; il dialogo tra le due voci (a Dolgushev, si aggiunge il timbro sopranile di Olga Podgaskaja) è interrotto da un tema dissonante di violino, cellula di un lunatico sviluppo tematico in 7/8 (sorta di intermezzo prima della reprise finale).
Nella breve The Ringfly ritroviamo curiose pulsazioni ritmiche klezmer che uno Stravinskij distratto potrebbe avere dimenticato nella fiera paesana della sua Petruška, intento a ricercare altre melodie popolari. Simili ricorsi di elementi tradizionali in un portato più classico vengono alla luce nella processione A Disappearing Road: l'arco melodico – ricco di variazioni – di questa promenade ricorda passi che, probabilmente, sotto altre vesti, abbiamo già ascoltato in pagine di Rimskij Korsakov, Musorgskij e Prokof'ev. Eccellente lo stratagemma di chiudere dissolvendo i temi in un a nota destinata ad un'erosione progressiva, volta alla totale sparizione (un po' come accade in brani di Ligeti o Stockhausen). Da qui in poi, il dato dell'esperienza libererà il proprio estro, confrontandosi con le forme del passato, rivitalizzandole ulteriormente attraverso contaminazioni. (continua)

© Riccardo Storti

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