Venerdì di "Passione". Non c'è che dire. La scorsa settimana ero in quel del Verdi di Sestri Ponente a gustarmi la riedizione progrock del Latte Miele. Ieri sera, invece, un'altra release, se vogliamo, più intima e ristretta. Per pochi. In un piccolo luogo di culto dell'Alta Valpolcevera a Serra (comune di Serra Riccò): nell'Oratorio di San Bernardino da Siena, Paolo Besagno ha riproposto la sua ... Ruhe! ... Ruhe! con Sandro Secchi alle chitarre e Stefano Bosi alla fisarmonica. Quest'opera, citando l'esplicativo sottotitolo , si propone come un "libero ragionamento su fede, tradizione e innovazione attraverso le immagini della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore e degli artistici crocifissi delle confraternite liguri". Ma c'è di più, visto che la maestria creativa dell'ecclettico Besagno spazia dalla canzone d'autore all'elettronica, dal folk genovese alla classica contemporanea. Contrappunti pianistici su impianti tessutali di scuola minimal che si arrampicano sui chiocci sentieri del dialetto autoctono.
Non è la prima volta che assisto a
... Ruhe! ... Ruhe! ed ogni volta è un rinnovato piacere. Al di là dell'amicizia profonda (ma mai troppo approfondita per colpa dei tempi che ci tengono spesso lontani dalle persone care), Besagno muta le forme del suo linguaggio sonoro e questa "ruhe" l'ho percepita diversa dalle altre. Forse perché è cambiato qualcosa nelle note, forse perché sono cambiato io. E il Besa ha ragione quando suggerisce che simili episodi siano anche "incontri", incontri importanti. Fede o non Fede che possa sussistere. La riflessione sulla Passione di Cristo incanta "comunque", perché è una ineludibile meditazione sullo stato di sofferenza ontologica dell'uomo. Non a caso, Besagno usa come incipit visivo una clip di un terribile bombardamento "intelligente" (con ogni probabilità effettuato in Iraq o in Afghanistan). E non è nemmeno un caso che una "stazione" si chiami "Cecenia". Quanto alla chiusa, il trionfo della Resurrezione passa attraverso un villaggio africano dove il sorriso di un bambino è un severo contrasto alla povertà endemica allocata nello sgabuzzino meridionale del pianeta (e di tutti i "meridioni" planetari).
Performance multimediale, anzi "multimeditrazionale", grazie alla simbiosi tra ritmi sintetici (degni della più autorevole scuola cosmica tedesca) e i movimenti fisici del portatore di cristi (detto in genovese "cristesante") della confraternita locale. Una danza emozionante, radicalmente suggestiva, in una sera di primavera tra la maccaja proveniente dal mare e Marte che - magari in pochi lo sapevano - ci guardava da lassù, tra una nube e l'altra. [Riccardo Storti]
Nessun commento:
Posta un commento