Acqua Libera è solo un nome per
indicare una sintesi complessa come la musica proposta dall’omonimo CD. Vediamo
perché?
Due componenti della band (il
chitarrista Fabio Bizzarri e il
bassista Franco Caroni) fanno parte di
una storica fucina senese degli anni Settanta e Ottanta: Caroni soprattutto si mosse con i Livello 7 e poi con i Juice Group, mentre Bizzarri suonava con i Sesto Senso.
L’altra metà dell’ensemble (il batterista Marco
Tosi e il tastierista Jonathan
Caradonna), invece, essendo parte di generazioni più recenti, si sono
formati dagli anni Novanta in poi, ma parliamo sempre di musicisti dal
curriculum ricchissimo di esperienze formative di notevole qualità artistica.
Nel 2013 nasce la line-up con lo
scopo di dare vita ad un lavoro che, da un lato, prediliga la produzione
contemporanea, ma, dall’altro, riporti alla luce quelle composizioni del
passato – opportunamente rielaborate – che non avevano mai visto la luce
discografica.
Ecco perché l’esordio di Acqua
Libera presenta una doppia faccia: nella tracklist compaiono due pezzi dei Livello 7 ed uno degli Juice
Group (a firma di Luigi Campoccia,
storico collaboratore di Gaber),
oltre a due di Caroni. Il resto è presente, ma, ascoltando l’album, non si nota
affatto il presumibile stacco temporale. Non c’è nulla di datato e la sintesi è
ottima per un (quasi) perfetto album di fusion progressiva nel nuovo millennio.
Quanto alle ascendenze, vale
sottolineare la fedele tangenza con la tradizione jazz rock italiana. Oserei
quasi dire “toscana”, soprattutto nelle tracce più sostenute, dove si sente un
legame quasi parentale con quanto produsse per la Cramps la fiorentina Bella Band nel 1978. Ne sono esempio
l’impianto poliritmico di Tempi Moderni
(il basso inizia alternando tre battute di 5/8 e una di 6/8 ma il brano si evolve mischiando parecchie
volte le carte metriche) e certi solisti di sintetizzatore (vivacità nel cuore
di Marcina, quasi una berceuse tinta
di “blue” note).
Alcuni passaggi si fissano per un
nitore improvvisativo di alta scuola jazzistica (penso all’intervento
individuale di pianoforte di Caradonna in Sans
tambour ni musique o al dialogo chitarra/tastiere sul 6/8 di Prog Mod), come taluni attacchi
contagiosi alla Baricentro (il
groove all’incipit di Quo vadis: il
basso di Caroni e la batteria di Tosi sono il motore, ma la benzina ce la mettono
le tastiere di Caradonna e la chitarra di Bizzarri).
Convincenti diversi episodi più
attenti a contaminazioni di genere: Nautilus
parte da una base statica dall’ambigua riconducibilità stilistica (anni Ottanta
tra Miles Davis e King Crimson?) per trovare una ragione
“melodica” in un tema chitarristico quasi da rock sinfonico (Genesis e Camel); Alla luce della Luna è
un blues zoppicante, infatti hanno tolto un ottavo per farlo diventare più prog
(11/8), generando qualcosa che sta a metà strada tra le atmosfere più soffuse
dei Perigeo e quelle quasi
crepuscolari del Banco (…di terra oppure il mood di Interno città); Mr. Lou mischia sbalzi ritmici mediterranei ad una scrittura
melodica e armonica appresa dagli Weather
Report.
Acqua Libera è un sostanzioso disco di buona fusion che, pur
reggendosi su una struttura di tecnica eccellenza, non si appiattisce mai
nell’esercizio calligrafico o virtuosistico, ma illustra all’ascoltatore un
percorso compositivo a più mani, senza tralasciare origini e prospettive.
(Riccardo Storti)
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