domenica 3 settembre 2017

MARBIN - "Goat Man & The House Of The Dead" (Moonjune, 2017)


La vivacità stilistica di Marbin ha preso il largo su rotte sempre più schizofreniche. Quelle che si chiamano contaminazioni di genere… Il quartetto di Chicago, che ha nei due solisti di origini israeliane Dani Rabin (chitarra) e Danny Markovitch (sax) i propri punti di forza, non finisce di stupire. Il loro ultimo CD riesce a mettere d’accordo uno spirito jazz rock di altri tempi con retaggi popular circoscrivibili alle radici klezmer. La chitarra di Rabin spazia da accenti quasi crossover su scale jazzistiche, mentre le melodie dei fiati di Markovitch arrivano a creare vere e proprie “canzoni” senza cantante.
The House of the Dead è l’emblema di come si possa partire da una struttura jazzistica per accedere ad ariosità tematiche di sapore popolare e orecchiabile; al tempo stesso, però, siamo sorpresi da sviluppi armonici per nulla scontati. Questo spirito si percepisce benissimo in altri brani: Whiskey Chaser passa da accenti malinconici ad una vera e propria mitragliata di note sul ritmo di un paso-doble speed. Bello il tango elettrico di Goat Man, così come l’esaltazione ritmica di Carnival.
Poi c’è l’altra anima, quella maggiormente connessa alle diramazioni più bastarde di una fusion capace di allontanarsi dalle origini: l’opener Buddha Complex tinge di heavy  trame alla Mahavishnu Orchestra;  con Money Train si ripercorrono le vie del blues; Electric Zombieland  e Escape from Hippie Mountain giganteggiano a colpi di funk con Rabin tra Jimi Hendrix e Joe Scofield e Markovitch a sfiorare vertici di calcolata improvvisazione.
Un disco carico, con un tiro eccezionale dall’inizio alla fine. Senza fiato. Continuate così, ragazzi.

(Riccardo Storti)

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Un assaggio live in studio
 

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