domenica 15 ottobre 2017

GREENWALL – “The Green Side of the Moon” (Filibusta Records, 2017). Parte 1 - Introduzione



I Greenwall mi hanno sempre dato da lavorare, ogni volta che mi è capitato di cimentarmi nell’ascolto di un loro lavoro. Sono fatti così. Mi verrebbe da scrivere che siano dotati di una serietà compositiva dalle ricadute fortemente monumentali. Crescono disco dopo disco e non fanno mistero di mire creative che vanno di pari passo con un’idea poietica (“fare arte”!) sempre in fieri. Creano e si formano, si formano e creano.
Già nel 2014, con Zappa Zippa Zuppa Zeppa! mi incuriosirono a tal punto che, su “ContrAPPUNTI”, oltre alla recensione, pubblicai un’intervista al demiurgo del gruppo (il factotum Andrea Pavoni), proprio a corredo di quanto analizzai traccia dopo traccia.
Ora, qualche mese fa, il gentilissimo Andrea mi omaggia della copia di The Green Side of the Moon, un doppio vinile d’altri tempi (per cura e passione grafica, oltre che sonora). E ho aspettato l’estate per potermi svincolarmi da impegni e dedicare il dovuto tempo ad un’opera che richiede partecipazione concreta (e seria). Il titolo non vi fa già intuire il succo?
Ebbene sì, il doppio album consta di due progetti (assai ambiziosi), incastonati in un’unica opera. Da un lato una rilettura originale di un classico (The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd), dall’altro l’appendice mancante e conclusiva di una suite (Il petalo del fiore), le cui parti iniziali erano state affidate al CD del 2014.
L’ambizione va scorta in un dettaglio tutt’altro che secondario: non ci sarebbe stata alcuna fusione a freddo. Reinterpretazione floydiana e suite comunicano tra loro simbioticamente in una sorta di sintesi unitaria. Sembra quasi che il lungo incipit lunare sia il preludio a Il petalo di fiore e quest’ultimo l’epilogo naturale di The Dark Side of the Moon secondo Greenwall. Il collante è musicale (la tavolozza timbrica, ma anche la prassi squisitamente prog di combinare stili, ritmi e armonie eterogenee) e contenutistico (si parte con Breathe in the Air e si chiude con Respirare).
La prossima settimana ci buttiano nel disco e proverò a raccontarvi come i Greenwall abbiano trattato la materia di Waters, Gilmour e compagni. (fine prima parte)
(Riccardo Storti)   

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