domenica 29 ottobre 2017

GREENWALL – “The Green Side of the Moon” (Filibusta Records, 2017). Parte 3 – “Il petalo del fiore”



Una storia lunga quasi 30 anni, quella de Il petalo del fiore. In quell’intervista, pubblicata su “contrAPPUNTI” (a. XI, n.4, inverno 2014/15), Andrea Pavoni mi raccontava che il primo demo risaliva al 1989. Poi nel 1999 vi era stata una pubblicazione ma che non aveva mai soddisfatto il compositore, così il musicista decise di incidere almeno le prime due sezioni (parti 1, 2a e 2b) in Zappa Zippa Zuppa Zeppa! nel 2014. Scaramanticamente Pavoni si lasciò scappare: “…sono già pronte le parti 3-6 per un prossimo disco (che magari non faremo mai).”
Si ricomincia, quindi, dalla parte 3 (Provvisoria morte dell’anima. Rivelazioni e ricordi di idee): atmosfere smooth jazz, sincopi fusion e il sinuoso canto espressivo (dalle decise venature soul) di Michela Botti.
L’atmosfera muta con Dentro l’acqua: la voce è quasi più eterea, le armonie classiche si appoggiano ad un tenue camerismo che, però, non rinuncia a itinerari aperti a passaggi modulanti e dinamici di segno opposto (da Anthony Phillips ai King Crimson il passo è breve). Una cavalcata in 6/8 dà vita a Galleria e uscita: il classico modulo (un po’ inflazionato, a dire il vero…) caro alla PFM di Celebration (ma anche a band lontane tra loro, come Camel e Kansas) consente a Pavoni di elaborare una traccia prensile, capace di mandare in brodo di giuggiole il purista del prog anni Settanta.
Il finale è affidato a Respirare, composizione formata da due frammenti: il primo è uno strumentale che si regge su un ampio tessuto orchestrale dal sapore cinematografico di stampo morriconiano; il secondo è la naturale evoluzione in forma canzone di quanto ascoltato in precedenza. Una chiosa (e chiusa) canora assai convincente sia nella scrittura melodica, sia nell’interpretazione vocale, nonché nella tenue coloritura degli interventi del sax soprano di Alessandro Tomei, del violino di Rebecca Raimondi e della chitarra di Claudio Ricci.
Epilogo perfetto con una Wish You Were Here da camera. La tavolozza timbrica assomiglia a quella utilizzata per l’opener Breathe on the Air: pianoforte, voce e archi; ma  per la conclusione si spinge per un “tutti” di deciso appeal grazie soprattutto ai soli di sax e delle chitarre elettriche.

Ad un primo ascolto, va subito evidenziato come la parte di The Dark Side… finisca per adombrare la semi-suite e, in effetti, si fatica un po’ a coglierne il disegno d’insieme; ma la colpa è nostra, di noi ascoltatori, che, ammaliati subito dall’ottima (e originale) prova di rilettura floydiana dei Greenwall, in seguito rischiamo di perderci un po’ di dettagli da Il petalo del fiore, soprattutto se non conosciamo le altre due parti. Superato il primo ascolto, però, il disegno globale emerge con maggiore nitidezza, mostrando una coerenza interna di valida qualità.
A questo punto, però, aspettiamo un’ulteriore fatica che completi discograficamente Il petalo del fiore, ovvero la registrazione integrale e unitaria della composizione in un unico supporto. Non sarebbe male e, conoscendo la caparbia precisione del perfezionista Andrea Pavoni, tale desiderio è tutt’altro che una chimera.  (Fine)   

(Riccardo Storti)   

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