Una storia lunga quasi 30 anni,
quella de Il petalo del fiore. In
quell’intervista, pubblicata su “contrAPPUNTI” (a. XI, n.4, inverno 2014/15),
Andrea Pavoni mi raccontava che il primo demo risaliva al 1989. Poi nel 1999 vi
era stata una pubblicazione ma che non aveva mai soddisfatto il
compositore, così il musicista decise di incidere almeno le prime due sezioni
(parti 1, 2a e 2b) in Zappa Zippa Zuppa Zeppa! nel 2014.
Scaramanticamente Pavoni si lasciò scappare: “…sono già pronte le parti 3-6 per
un prossimo disco (che magari non faremo mai).”
Si ricomincia, quindi, dalla
parte 3 (Provvisoria morte dell’anima.
Rivelazioni e ricordi di idee): atmosfere smooth jazz, sincopi fusion e il
sinuoso canto espressivo (dalle decise venature soul) di Michela Botti.
L’atmosfera muta con Dentro l’acqua: la voce è quasi più
eterea, le armonie classiche si appoggiano ad un tenue camerismo che, però, non
rinuncia a itinerari aperti a passaggi modulanti e dinamici di segno opposto
(da Anthony Phillips ai King Crimson il passo è breve). Una cavalcata in 6/8 dà
vita a Galleria e uscita: il classico
modulo (un po’ inflazionato, a dire il vero…) caro alla PFM di Celebration (ma anche a band lontane tra
loro, come Camel e Kansas) consente a Pavoni di elaborare una traccia prensile,
capace di mandare in brodo di giuggiole il purista del prog anni Settanta.
Il finale è affidato a Respirare, composizione formata da due
frammenti: il primo è uno strumentale che si regge su un ampio tessuto
orchestrale dal sapore cinematografico di stampo morriconiano; il secondo è la
naturale evoluzione in forma canzone di quanto ascoltato in precedenza. Una
chiosa (e chiusa) canora assai convincente sia nella scrittura melodica, sia
nell’interpretazione vocale, nonché nella tenue coloritura degli interventi del
sax soprano di Alessandro Tomei, del violino di Rebecca Raimondi e della
chitarra di Claudio Ricci.
Epilogo perfetto con una Wish You Were Here da camera. La
tavolozza timbrica assomiglia a quella utilizzata per l’opener Breathe on the Air: pianoforte, voce e
archi; ma per la conclusione si spinge
per un “tutti” di deciso appeal grazie soprattutto ai soli di sax e delle chitarre
elettriche.
Ad un primo ascolto, va subito
evidenziato come la parte di The Dark
Side… finisca per adombrare la semi-suite e, in effetti, si fatica un po’ a
coglierne il disegno d’insieme; ma la colpa è nostra, di noi ascoltatori, che,
ammaliati subito dall’ottima (e originale) prova di rilettura floydiana dei
Greenwall, in seguito rischiamo di perderci un po’ di dettagli da Il petalo del fiore, soprattutto se non
conosciamo le altre due parti. Superato il primo ascolto, però, il disegno
globale emerge con maggiore nitidezza, mostrando una coerenza interna di valida
qualità.
A questo punto, però, aspettiamo
un’ulteriore fatica che completi discograficamente Il petalo del fiore, ovvero la registrazione integrale e unitaria
della composizione in un unico supporto. Non sarebbe male e, conoscendo la
caparbia precisione del perfezionista Andrea Pavoni, tale desiderio è
tutt’altro che una chimera. (Fine)
(Riccardo Storti)
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