È una potente coltre di derivazione crimsoniana, quella che invade
l'orecchio dell'ascoltatore intento ad immergersi nel Prog
Noir degli Stick Men. La lezione strutturale c'è tutta, anche
nell'eredità pratica che 2/3 del trio si porta dietro. Levin e Mastelotto sono
ancora parte integrante (e fondante) del traino cremisi che, di tanto in tanto,
Fripp decide di attivare. Il tedesco Markus Reuter (nato - tanto per capirci -
ai tempi di Islands), dal canto suo,
tra le mille cose che fa e che ha fatto, è stato coinvolto nel The Crimson
ProjeKct dagli altri due (plus Belew). Tirate le somme, il trio Stick Men è
un'insolita variante sul genere con una precipua attenzione timbrica ad un
sound generato solo dallo Stick di Levin più le Touch Guitars di Reuter,
connesse al poderoso impianto percussivo di Mastelotto. La loro storia inizia
nel 2009, quindi Prog Noir è solo
l'ultima primizia della serra elettrica dei nostri.
C'è la matematica ritmica in "aspic" (Mantra e Trey's Continuum),
ma anche quella più tagliente anni Ottanta memore dei trascorsi di Beat e dintorni (Schattenhaft e Embracing the
Sun). I tre si divertono anche a spennellare collage miscelando citazioni
da Orff, Tchaikovsky e Yes (Plutonium);
The Tempest, invece, ha cuore e
polmoni in sintonia con certi pattern funky del Peter Gabriel di So. Paesaggi più tenui di delicati
arpeggi e motivi quasi orecchiabili caratterizzano Rose in the Sand / Requiem, composizione dalle numerose affinità
elettive con la PFM di Stati di
immaginazione. Suggestivo l'innesto
tra temi sinfonici quasi alla Genesis
e scarti ritmici zoppicanti tra i Fugazi e i Tools.
Pur fedele ad un impianto sperimentale di assodata scuola, l'album si apre
a parecchi richiami alla olto spazio alla "tradizione", ma senza
alcuna nostalgia: si guarda, comunque, molto avanti, porgendo il portato
armonico e melodico a coloriture contemporanee tra postrock, prog metal e avantgarde
(la title track), indulgendo in contaminazioni piuttosto ardite (penso alla
giga dal sentore minimalista che apre e chiude Leonardo).
Un gran lavoro di indubbia qualità. (Riccardo Storti)
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