mercoledì 27 giugno 2018

ANATOMIA DEL POP – “Low” di Lenny Kravitz (BMG, 2018)


Da tempo immemorabile apprezzo quel restauratore di vintage che è Lenny Kravitz.
L’altra sera, su Radio 105, tra il primo e il secondo tempo di Germania-Svezia, in attesa che i Gialappi dessero il loro avvio alla ripresa, l’emittente trasmette un singolo bello spesso: è soul di classe, di alta classe. Lo ammetto: ascolto poco i circuiti FM, so poco della “musica contemporanea” (che mi butta giù) e faccio male. Brutto vizio quello di rimanere sulla frontiera sempre chiusi nella garitta, eppure manifestarsi (a parole?) aperti ad ogni suono.
C’è di bello, però, che comunque il mio orecchio ascolta e decodifica, innesca link mentali a librerie musicali coltivate fin dall’infanzia.
Allora, mi metto a seguire questo incipit dominato da una convincente batteria e da una voce black, capace di stappare qualsiasi ostruzione pregiudiziale. Poi, nel ritornello, parte un basso pompante, un accordo medio-grave di pianoforte con una patina di riverbero, la chitarrina funky (che non manca mai) e, soprattutto, un morbido coro mid-70’s come si poteva ascoltare in qualche passaggio easy listening dei Jackson Five (c'è pure un urlettino alla Michael). Si riprende e si colora di più: il basso slappa con moderazione e la chitarra si gode l'eco. Sul finale tastiere che mimano sezioni fiatistiche come nei dischi di Paul McCartney anni Ottanta. È una canzone pop con tutti gli annessi e connessi, senza fronzoli, calibrata sul piano della comunicazione melodica e nelle intenzioni ritmiche. La postproduzione è assai levigata, i suoni pulitissimi.
La speaker annuncia solo che si tratta di Lenny Kravitz, ma non precisa alcun titolo, perché, probabilmente, è già un tormentone o, almeno, la canzone che gira intorno da un bel po'.
Mi documento: trattasi di Low, secondo “singolo” d'anticipo (dopo It's Enough), in attesa che esca il nuovo CD Raise Vibration, programmato per ottobre. Scopro, inoltre, che nel brano sono presenti dei guest vocalist che, illo tempore, parteciparono a diverse sessioni di registrazione per album di Michael Jackson. Fatto 30, facciamo 31 e via su Youtube per il video: un mix di Super8 di ben oltre 40 anni fa che riportano scene di vita quotidiana dell’America Nera tra happening in un parco, vasche tra vie metropolitane, feste in famiglia ed vari episodi ricreativi, il tutto accomunato da una colonna sonora che non è solo il brano di Kravitz, ma la presumibile musica che si balla e si suona in quei filmini muti.
Il restauro di un immaginario culturale è riuscito, d’altra parte Kravitz ne è un maestro. (Riccardo Storti)

Il video di Low

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