domenica 9 dicembre 2018

QUARTO VUOTO - "Illusioni" (Lizard, 2017)


Domanda: ma la voce umana sta scomparendo dal progressive rock contemporaneo italiano? Me lo chiedo, semplicemente perché, mai come in questi ultimi anni, è andata incrementando la tendenza a mettere su band senza cantante e avvalendosi, sovente, di formazione triadica (basso, chitarra e batteria) con sporadici inserimenti di tastiere.
Ovviamente il mio quesito è ironico ma non vuole nemmeno deprezzare l’imprinting espressivo di questi numerosi complessi che, per scelta o per necessità, si trovano ad affrontare sfide piuttosto ambiziose.
Dal novero, questa settimana estraggo il nuovo CD dei trevigiani Quarto Vuoto che, con Illusioni, ha dato alle stampe un concept album esistenziale dedicato alle varie fasi della vita e alla caducità della stessa. Tema pregnante e affascinante, direi. Il racconto, affidato solo alla musica, un po’ come in un poema sinfonico ottocentesco.
La narrazione si dipana in sei tracce, stilisticamente, ben proiettate in un’ottica progressive, tra presente e nobile passato. Le idee musicali, spalmate nelle composizioni, sono davvero tante, peccato, però, che quando i nostri si cimentano in forme più espanse (penso alle microsuite Impasse, Apofis e Due io) cadano nel vicolo cieco di una prolissità gravata dalla frammentazione di motivi che faticano a raggiungere un’adeguata sintesi. Scendiamo nel dettaglio: le introduzioni ad Impasse e Due io risultano troppo lunghe e “centripete” nel senso che faticano a trovare un adeguato sviluppo tematico (nella prima pesano le percussioni, nella seconda i tappetoni space delle tastiere), idem dicasi per la coda pianistica di Apofis.
Nel breve va molto meglio, in quanto l’ensemble dimostra di sapere padroneggiare con più cura e dettaglio quanto voglia esprimere, anche sulla base di suggestioni di genere ben metabolizzate: l’opener Nei colori del silenzio mischia atmosfere sognanti tra Alpha Centauri dei Tangerine Dream e Felona e Sorona delle Orme, senza dimenticare la lezione dei Pink Floyd e degli Eloy. Fascinazioni ritmico-dinamiche e dilatazioni timbriche sono il sale di Coscienza Sopita: bella la soluzione di sottoporre (nel senso proprio di “mettere sotto”) alla frase solista di chitarra gli arpeggi dissonanti di piano elettrico. Un plauso speciale merita la conclusiva Tornerò: arpeggi alla Marillion aprono ad una serie di melodie “cantate” prima dal violino, poi dalla chitarra elettrica in un piacevole melange tra i King Crimson di Exile e i Camel di Moonmadness; siamo al vertice di Illusioni e, forse, su un ponte gettato verso nuove e attese creazioni.
(Riccardo Storti)   

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