Fotografia tratta da La Repubblica |
Per me Modena è la The Great Gig in the Sky della canzone
italiana. Una song di quasi otto minuti, armonicamente molto semplice ma la cui
linea armonica consente alla voce di Venditti di salire e scendere agevolmente,
con l'aiuto dei cori e di una band collaudata e precisa come un orologio
svizzero (gli Stradaperta di Bartolini, Vento, Lamorgese, Vannozzi e
Prosperini).
Ma il pezzo da novanta è il cameo del sassofonista Gato Barbieri, la vera
seconda voce del brano. Anzi, stiamo attenti: io mi sono distratto subito,
appena quel timbro si è palesato timido dopo un minuto per poi farsi più
coraggioso con un barrito (1'49"). Da lì mi sono quasi dimenticato delle
parole, del testo. Tendevo la mia attenzione al fine di capire dove mi potesse
condurre il pazzo itinerario fiatistico di Barbieri, quel sax che - in quel
momento - stava cantando la sua canzone e stava vestendo l'anima del brano di
Venditti.
L'ago melodico continua a cucire: è lo "strano rumore di piazza lontana"
(2'15") fino a quando "resto qui a guardarti negli occhi, lo
sai" con un cicaleggio petulante di note ravvicinate (2'47"). E via
al primo solo; il sax si affaccia (3'12"): un'ariosa melodia tra
rimembranze (mie) di altri soli sentiti in solchi di tanto tempo fa. Un po' ci
sento lo Shorter di A Remark You Made,
un po' il Dick Parry della floydiana Us
and Them.
La coda di quasi due minuti (da 5'40") è una sintesi della
lungimirante capacità improvvisativa di Barbieri che, a tratti, miscela
tematismo easy listening a rigurigiti free ben oltre qualsiasi cadenza
dissonante. Un momento magico e irripetibile in cui il jazz dà sostanza ad una
gemma della canzone d'autore italiana. E ci si lascia cullare in una
felicissima evanescenza: la band ed i cori, a poco a poco spariscono, l'ultima
parola, o meglio, l'ultima nota è sua. Del sax di Gato Barbieri, ipnotico come
un loop al sapor d'infinito. (Riccardo Storti)
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