domenica 17 marzo 2019

BASTA! - "Elemento antropico" (Lizard, 2017)


Dai toscani Basta! arriva questo concept album strumentale il cui racconto è affidato ad una voce narrante, preposta a segnalare i momenti evolutivi del racconto.
Siamo in pieno filone neoprogressive: la ricetta collaudata non cambia da quella riscontrata in altri lavori contemporanei, onestissimi e ricchi di passione, ma – ahinoi – stilisticamente abbastanza ripiegati in un certo manierismo calligrafico. La band, però, offre qualche carta alternativa dovuta principalmente alla dotazione timbrica dell’organico che, superando il limite “rock” di basso, batteria, chitarra e tastiere, si apre a combinazioni coloristiche alquanto inedite, offerte dalla diamonica, dal sax e dal clarinetto basso.
Non dico che il “grosso” di questa opera risulti – sul piano musicale – abbastanza prevedibile, però, va da sé che il rischio di inflazionare l’ordito armonico su tessuti metrici irregolari (quelli che alcuni chiamano, erroneamente, “tempi dispari”) è un vulnus assai frequente nel e del prog contemporaneo, soprattutto quando viene combinato con moduli ostinati tra il riff rock e la sequenza minimal. Dalle frasi in 7/8 degli Area allo stentoreo accordo distorto crimosaniano, passando per ariose modulazioni alla Genesis: tutti nobili richiami che fanno godere il fan del prog perché gli ricorda gli altarini di vinile.
I Basta! hanno, però, la stoffa per arrivare, prima o poi, ad un superamento stilistico, in nome di una cifra espressiva più personale. Sì, perché tutto si può scrivere, ma non che il gruppo non abbia personalità.
Al di là di quanto vergato fin qui, l’impianto del disco resta comunque molto valido: la vicenda space-circense pone Elemento antropico come una sorta di “racconto sinfonico” tra Concerto delle menti dei Pholas Dactylus, Maledetti! degli Area e talune stramberie d’alta quota lisergica firmate dai Gong. Sfrondati i richiami prog più classici (che, però, adombrano l’autenticità dell’ensemble), si possono cogliere episodi di alta fattura qualitativa, figli di un attento approccio scritturale. Diversi gli episodi da segnalare: le frammentazioni dinamiche tra jazz e musica contemporanea in L’uomo cannone, l’incipit electro-ambient di Intro (con Fabio Zuffanti guest alla voce narrante), il gusto per la citazione in Esco dall’antro ma, soprattutto, i passaggi fiatistici di Doombo (L’elefante del destino), Zirkus e Countdown e i giochi di linearità melodica (quasi da colonna sonora) della suggestiva Entro l’antro (vertice assoluto del disco).
(Riccardo Storti)
    

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