Mi sono innamorato di questo disco. È non è il primo, scorrazzando per i
lidi fiorenti di Bandcamp. Allora: The
Breathing Effect è un quartetto californiano fondato da Eli Goss (chitarra, tastiere e voce) e
da Harry Terrell (batteria e basso),
a cui si sono aggiunti il tastierista di origine giapponese
Moki Kawaguchi (bravissimo nel gioco degli effetti sonori) e, solo
più recentemente, il bassista Andy
McCauley.
Nel settembre del 2017 danno alle stampe il loro secondo CD, The Fisherman Abides, prodotto dalla
label alternative Alpha Pup Records. Il mix è piacevolissimo: sonorità vintage
di piano elettrico, ritmiche tra black music e qualche latineria con
inserimenti psichedelici vicine tanto al kraut quanto allo space rock.
Ne è subito testimonianza l'opener Water
Static (Blinding Phoenix), song simil-wyattiana dal profilo singolare,
visto che l'essenziale impianto jazz viene presto sopraffatto da perturbazioni atmosferiche
di tappeti sintetici. The Morning Swim,
invece, si sviluppa attraverso ossessive trame minimaliste, arricchite da
campionature e vibrazioni ritmiche dense di felici irregolarità; con The Grove emerge l'amore di The
Breathing Effect per certe ariose aperture alla Weather Report o alla Yellow
Jackets: fusion che tiene a bada gli stimoli elettronici fino al baccanale di The Grove, ideale prosecuzione
espressiva del brano precedente, questa volta corroborato da interventi
solistici ai sintetizzatori.
Voci evocative, contrappunti orientaleggianti e tastiere anni Ottanta sono
gli ingredienti della seconda canzone, Walking
Backwards: c'è qualcosa che potrebbe ricordare il sodalizio Sylvian-Sakamoto
connesso, però, a strutture sonore e ritmiche vicine a sperimentazioni contemporanee.
Il breve interludio Driftwood Dialogue
(un vero e proprio tributo ai corrieri tedeschi) diventa passaggio obbligato
verso le melodie di Josephine, aperta
da trame chitarristiche arpeggiate alla Andy Summers anni Novanta. Pianoforte
protagonista in The Pier (New Eyes):
nessun virtuosismo, ma itinerari onirici alla ricerca di una melodia intorno ad
un centro tonale, mentre fuori infuriano la batteria e i synth.
Finale con tributo, visto che The Ode
si avvale del tema di Herandu dei
Weather Report (tratto da Black Market),
originariamente in 11/4, ma qui suonato in 6/4 e variato in 11/8, sfruttando un
impianto ripetitivo che, però, riesce ad attivare veri e propri spazi
espositivi solistici di piano elettrico e basso.
Un appeal unico, quello di The Breathing Effect: meritano di essere seguiti
e corteggiati (dalla discografia più lungimirante).
(Riccardo Storti)
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