Quando c'è l'entusiasmo, il resto non conta nulla. Si parte, si va
all'avventura in un mix di naturale consapevolezza e sana incoscienza, senza
troppi preamboli, soprattutto se "prima" le idee erano state così
chiare da potersi presto tradurre in realtà.
E l'entusiasmo, soprattutto nell'arte, azzera qualsiasi imposizione
temporale o stratificazione generazionale dettata dalla Storia e dalle storie
personali.
Così Paolo Siani, storico fondatore della Nuova Idea, dà alle stampe il suo
terzo lavoro in studio, semper fidelis alla Black Widow Records di Gasperini e C.
Chiama a raccolta i soliti amici musici (Grice, Guglielminetti, Manners,
Tiranti e Usai) e qualche verde new entry (il chitarrista bresciano Nik Carraro
e il prodigioso vocalist Anthony Brosco da Brighton). Ne esce un concept sul
nostro tempo globalizzato, grazie all'ispirazione data dall'avido folletto
dispettoso del folklore irlandese, il Leprechaun's.
In arte "entusiasmo" è sinonimo di libertà espressiva, è la molla
che ti consente di sganciarti da qualsiasi etichetta per sperimentare, guardare
avanti ma restare te stesso, perché tu sei la "quella" storia che continua
brano dopo brano. In una parola: sperimentare, perché se no, non ci si diverte.
Siani racconta da dove arriva con l'opener Standing Alone: lo staccato di piano elettrico (suonato da Giangiusto
Mattiucci) e il riff rosso porpora (Deep Purple meets King Crimson) ci conducono
nel calore rock blues di fine anni Sessanta, nobilitato dagli inserti
claptoniani di Carraro e dai vertici canori di Brosco (senza trascurare
l'Hammond di Usai).
Si prosegue con Inflate Your Veins,
scaldati dal prologo fiatistico del sax di Martin Grice dei Delirium, subito agitato
da meccanici arpeggi di tastiera in 3/8, memori dell'Alan Parsons più
tecnologico: è il motore che fa alzare il volo al canto quasi melismatico di
Tiranti che, presto, subisce una gemmazione polifonica in mezzo a fanfare di
moog e flauti. C'è voglia di uscire da qualsiasi percorso prevedibile.
E con la title track ne abbiamo un assaggio: l'incipit potrebbe riportarci
al prog-pop anni Ottanta di Genesis, Camel e Asia, ma, in realtà, l'uso degli
effetti nella voce e i tappeti di archi sintetici avvicinano Siani su un
crinale tra i Kraftwerk e Battiato; da non trascurare i passaggi solistici celtici
costruiti su una scala pentatonica (mentre la chitarra di Carraro fa da
bordone). La falsariga elettronica è ormai solco profondo, territorio per
variazioni di note che sono frequenze da modellare, in mezzo ad una selva di
sintetizzatori e pattern ritmici ad orologeria: succede in Statue of Wax, dove siamo attratti per ben due volte dal barrito di
un elefante (It's a shame?) e dal mantra seminascosto di una monaca tibetana.
Si avanza con passo deciso: Lord
Brummel, interpretata in modo egregio da Tiranti, è pop di alta scuola,
molto AOR, impreziosito da un inatteso interludio cameristico, simulato dalle
tastiere (ma comunque convincente per pertinenza armonica) e da un maestoso
solo di Carraro.
Quando meno te lo aspetti, Siani ti spiazza e in Walking on the Limit ti piazza una ritmica di 7/8 all'interno di
una scansione armonica dominata da chitarre arpeggiate e spazialità vocali new
wave, un po' alla Echo & The Bunnymen, Psychedelic Furs, The Cars e The Church. Siamo
al vertice e non ci si fa mancare nulla: giochi corali e incastri strumentali
che si rincorrono ad eco fino ad un finale evanescente.
Variazioni ritmiche al centro di Time
to Play: un tema melodico semplice intervallato da episodi sul tempo di
bolero e di reggae con interventi coloristici peculiari della Puccini Band e
del Theremin di Ivana Gatti.
Chiusura in due fasi: prima l'anello, con una ripresa integrale dell'opener
Standing Alone (cantata, però, da
Paul Gordon Manners, ex Cugini di Campagna); poi la macchina del tempo: una
vecchia registrazione live della Nuova Idea a Radio Rai nel 1971 in occasione
di un loro passaggio alla trasmissione "Per voi giovani", on stage con
We're Going Wrong, una cover dei
Cream.
The Leprechaun’s Pot
of Gold si pone al
momento come il lavoro più rifinito di Paolo Siani: nulla da togliere agli
altri dischi, sicuramente preparatorî a quanto abbiamo ascoltato nel Leprecauno, però
qui il livello qualitativo si alza ulteriormente, sia per l'ulteriore
raffinamento (e raffinazione) degli arrangiamenti, sia per l'entusiastico
approccio sperimentale (quasi giocoso, visto i salti di genere). Appunto,
l'entusiasmo. È contagioso, anche per chi ascolta. (Riccardo Storti)
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