E ha ragione Gianni Nocenzi del Banco quando li definì "post-prog".
Conosco Andrea Pettinelli e lo Zoo di Berlino da quasi 15 anni e, nel corso di
tutto questo tempo, ho avuto modo di seguirne l'evoluzione, anzi il continuo e
instancabile work in progress.
Poi, viste certe collaborazioni, è (quasi affettuosamente) normale tirarli
per la giacchetta verso il bacino del progressive, genere che la band ama e di
cui si nutre ma che non vede come un obiettivo stilistico, bensì come uno dei
tanti tester espressivi attraverso i quali cimentare la propria creatività.
Il loro, più che un gruppo, è un laboratorio di artigianato musicale,
aperto ad ogni condizionamento artistico, senza alcuna preclusione di genere.
Insomma, non c'è etichetta che tenga e in questo ricordano molto gli Area
degli anni Settanta, sempre "oltre" non tanto per elitarismo quanto
per prospettiva. Nulla nasce mai per caso, quindi naturale fu l'incontro
fruttuoso con Patrizio Fariselli, iniziato nel 2004 e foriero di virtuose
coincidenze (in Rizoma - Elements li troviamo
anche insieme ad Elio e a Dario Fo).
Recentemente il Consorzio ZdB (l'appendice "produttiva" del
complesso) e New Model Label hanno pubblicato un lavoro dalla doppia anima,
proprio come se fosse un vinile: il lato A si intitola Lo Zoo di Berlino feat. Patrizio Fariselli play Area e documenta le
improvvisazioni del trio insieme al pianista, durante il minitour del 2018 in
Emilia Romagna presso i luoghi della Resistenza; il lato B, Resistenze elettriche, consta di 4
tracce inedite registrate in studio.
Le tre impro dell'Internazionale,
L'elefante bianco e Arbeit Macht Frei convincono senza la
minima esitazione. L'inno cresce da un grumo di dissonanti note pianistiche,
fortemente votate all'atonalismo, e viene filtrato dal synth e dal rumorismo
dell'ensemble fino alla conclusione che definisce fedelmente la melodia; Èlephant Blanc Impro attacca con un
piano bartokiano (sembra una variazione ad una delle Danze rumene) per connettersi al flusso originale, offrendo però
spazio al dialogo elettroacustico tra Fariselli e Andrea Pettinelli così come
per l'ineffabile Arbeit Impro. Più
aderente all'originale, Aria, il
commovente omaggio di Fariselli in memoria dei partigiani caduti (contenuto
nell'ultimo album 100 Ghosts).
Girata idealmente la facciata, lo Zoo di Berlino ci fa entrare nella loro
fucina ribollente di idee in ipercinetico movimento. Si spazia dalla musica
futurista al funky, passando attraverso guizzi post-rock, free jazz, kraut rock
e crossover.
Per De Waiting War (from Pratella's
War) si scomodano pure gli intonarumori di Luigi Russolo e il theremin in
un big bang noise dal sapore primordiale, in mezzo ad uno schizofrenico
pianoforte stravinskiano e a ritmiche barbariche sorrette dal batterista
Massimiliano Bergo e dal bassista Diego Pettinelli.
Control Freak si avvale di strutture ripetitive, quasi
ossessive, che ricordano il motorik
teutonico dei Can: intelligente il collage realizzato con il campionamento
di notissime notifiche social, comuni ai nostri telefoni cellulari. Eredi degli
Area in tutto per tutto, Control Freak,
nell'esplicita critica rivolta ai media contemporanei, è un po' una Lobotomia 2.0, attualizzata nelle forme,
ma invariata nel messaggio.
In Ganz Egal Marcela Lagarde vi è
un cameo di tutto rispetto e altamente consonante con lo spirito del gruppo, se
non altro per la scelta del nome, infatti la traccia vede la partecipazione di Christiane
Vera Felscherinow (più nota come "Christiane F.", sì, l'autrice del
best seller Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino) che ha concesso l'utilizzo di
alcune outtake, qui immerse nel contraddittorio panneggio timbrico di
Pettinelli e co. (uno squillante Fender Rhodes e un cupo basso distorto).
Bella Ciao è il felice sigillo conclusivo: riprende un po'
l'esperimento dell'Internazionale
degli Area ma conferendo al brano un incipit quasi shake, sbarazzino, molto da
colonna sonora per un poliziesco di almeno 10 lustri fa; groove contagioso e
svolazzi di complicità ritmo-melodiche ad ogni battuta. (Riccardo Storti)
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