Lo so che il mio ruolo mi imporrebbe un po' di distacco professionale e una
relazione anodina del disco, sfiorando gli utopici versanti dell'oggettività.
Ma non ci riesco; il che non significa che sia condizionato dalla conoscenza
dell'artista. Sono, però, condizionato dai suoni di questa sua nuova prova.
Allora: da qualche anno ho preso l'impegno di ascoltare la "musica di
oggi", quella che addirittura percepisce e dichiara come superato il
"post rock", ma vive comunque di reminiscenze con il passato, pur
senza cedere a tentazioni nostalgiche.
No. Non mi riferisco (per nulla) al progressive.
Semmai, seguendo la scia, sono arrivato in luoghi in cui elettronica e
distorsori convivono con stile e non rinunciano a filiazioni con giochi di
campionature digitali, loop e collage. L'orizzonte popular e quello colto (di
tradizione avanguardistica - anche l'ossimoro è superato) si saldano e
realizzano una perfetta sintesi dell'immaginario sonoro contemporaneo.
Mettendo nel lettore Mute, siamo
subito avvolti proprio da quel clima. Non sembra nemmeno "musica
italiana" e non perché Pivio canti in inglese, bensì perché questo è un disco
che potrebbe benissimo essere uscito da qualche fucina underground britannica,
tedesca o statunitense. Internazionale perché ha la capacità di parlare con
intelligenza a tutto l'Occidente: ne usa i suoni, nonché i contenuti. la
scommessa è amibiziosa visto che siamo al cospetto di un concept sui 10
comandamenti, anzi, 11 visto che Pivio aggiunge un aggiornamento (il
"silenzio" della title track).
Si parte con I am, opener techno
dark, vera e propria litania tassonomica delle contraddizioni dell'uomo di oggi;
echi crimsoniani anni Ottanta dominano la schizofrenia timbrica di Thou Shalt Have No Other than Me, in cui
il mellotron stende tappeti rossi alle percussioni meccaniche.
La voce di Pivio
assume addirittura toni hammiliani nella penombra sonora di Don’t Tell My Name, eppure nessun
omaggio al tempo andato, semmai una rincoferma, se non addirittura un esempio
interpretativo (e creativo) valido ancora oggi. Così come certi spunti della
new wave si rivelano risolutivi nell'evoluzione delle canzoni: prendiamo i
"disturbi" chitarristici di Remember
to Forget che, inseriti ad arte in passaggi armonici specifici, creano un
cambio di "luci" simili a quelli ascoltati nei Simple Minds.
Altre licenze
lasciano avvertire richiami ad esperienze anche più singolari: in Failed Witness si lambisce il mondo dei
Joy Division. Pivio sperimenta pure su codici electro-pop di consumo (The Girl with the Silver Wings),
talvolta mettendo in sincronia la sensibilità compositiva tanto dei Kraftwerk,
quanto dei Depeche Mode (The Day I Stole
Something Damaged). Coerente anche l'omaggio a Siouxie and the Banshees con
una rilettura assai personale di Night
Shift.
C'è pure spazio
per la canzone d'amore: Because I Need
You è una delicata ballata che si sviluppa in groppa ad un sequencer
guidato da chitarra frippiana, mentre Pivio trasmette emozioni attraverso
parole calibrate ad arte ("Yes, it's true
/ you're the blade slipping inside me / Yes, it's
true / but I don't care what you're gonna do
/ only a few words / because
I need U"... sì: è un amore carnale che consuma e fa soffrire). Così come
riesce a ritagliare un angolo alla canzone civile di denuncia: oggetto di Global Plundering sono le nefandezze,
operate dal potere per i soliti interessi di parte.
Si esce dal disco in sordina: Mute, il nuovo comandamento, posto in fondo, all'ultimo, messo
lì volutamente perché ci consiglia il
silenzio, dopo tante parole, dopo tante immersioni comunicative, dopo tanti
giudizi. Pianoforti risonanti, ossessivi ronzii quasi elettrici a 50 Hz e, in
coda, un evocativo cordofono dal sapore arcaico (forse un dulcimer?) in
un'atmosfera in bilico tra il primo Battiato e Ryūichi Sakamoto.
Pivio, con questo passo in avanti sul piano della qualità, rispetto
al già pregevole It's Fine Anyway, porge
all'ascoltatore un'opera che ha il prioritario pregio di raccontare la
contemporaneità con i suoi suoni, pur partendo da una "storia" molto
antica, ma sempre attuale.
(Riccardo Storti)
Il video di Because I Need You
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