Dove c'è Ulisse, c'è mare. Quale migliore location, a Genova, se non quella
dell'Isola delle Chiatte al Porto Antico, per una rappresentazione teatrale. L'artificio
(artem facere...) ha funzionato ancora per la compagnia di Luca Cicolella e
Igor Chierici: dopo i successi del passato, quest'anno, per la rassegna Sea
Stories, con Ulisse, il duo ha riadattato gli episodi salienti del poema omerico in
chiave drammaturgica.
Ieri sera, 27 agosto 2019, ultima replica e performance che, di fatto, ha
chiuso la fertilissima rassegna di spettacoli, cominciata all'inizio del mese e
che ha visto lo stesso Chierici nella veste di direttore artistico. Una conseguenza
naturale di quanto avvenuto negli ultimi tre anni, grazie soprattutto ai
successi delle piece Pianista sull'Oceano,
La Leggenda di Moby Dick e La Leggenda Ernest Shackleton: L'eroe dei
Mari.
Con Ulisse si è assistito ad
un'ulteriore crescita del gruppo: sul palco, oltre a Chierici (Ulisse) e a
Cicolella, Cristina Pasino, Bruno Ricci e il musicista Edmondo Romano, nei
panni di attore / esecutore con tanto di duduk armeno e chalumeau a portata di
mano.
Ha convinto soprattutto la realizzazione plastica della scansione
narrativa: i passaggi classici (previsti e prevedibili come l'incontro con
Polifemo, quello con Circe e, poi, con le sirene) vanno ben oltre al racconto grazie
a indovinate soluzioni registiche e scenografiche, attuate con raffinata
spregiudicatezza. Questa mano diventa un determinante valore aggiunto anche
durante altre sequenze: penso alla mossa vivacità innescata dalla scellerata apertura
dell'otre dei venti di Eolo o alla drammatica coralità che pervade il breve
viaggio di Ulisse nel regno dei morti, nonché al pathos sacrilego durante l'empio
pasto dei compagni di Odisseo, ormai decisi a cibarsi delle vacche sacre al Sole.
La storia è bella di per sé - si sa - ma in teatro deve muoversi e ieri sera
non sono mancate calcolate girandole di ruoli e marchingegni fabulistici tali
da generare rinnovate sorprese nello spettatore che, comunque, immagina già
cosa potrebbe vedere, ma non cosa aspettarsi. È la formula perfetta che ha reso
popolari anche gli altri copioni, nonché una ricetta vincente per future
invenzioni su insoliti palchi. Meritano una citazione di plauso le scenografie
di Cristina Repetto, i costumi di Carolina Tonini e le musiche di Igor
Chierici, a cui si è aggiunta la preziosa consulenza strumentale e strutturale
di Edmondo Romano. (Riccardo Storti)
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